RITRATTO
Olivier Valsecchi è un fotografo francese nato nel 1979 a Parigi, che ora lavora e vive a Tolosa. Olivier si è interessato per la prima volta alla creazione musicale prima di dedicarsi alla fotografia e all'autoritratto. Da diversi anni si concentra sul corpo umano e unisce la fotografia alla statuaria. Attraverso le sue immagini emerge un'energia rivelata dalla luce. Si è fatto un nome nel 2010 con la sua serie DUST (premiata due anni dopo dagli Hasselblad Masters Awards) Questa serie, chiaramente ispirata alla teoria del caos, presenta un chiaroscuro direttamente dal Rinascimento.
I corpi che si attorcigliano sono coronati da una nuvola di polvere, che conferisce loro questo aspetto surreale, una sorta di nebulosa, sinonimo di nascita e morte. In Klecksography, la sua serie successiva, persegue questa idea di scultura sul corpo umano, ispirandosi al metodo dello svizzero Hermann Rorschach, che utilizzava le macchie di inchiostro create sulla carta per rilevare eventuali demenze o schizofrenie. . Olivier decide quindi di dare piena libertà a quello che chiama il "nemico interiore", questa parte di oscurità presente in ognuno di noi. Nel 2012, nella sua terza serie, TIME OF WAR, il fotografo francese ha mantenuto il visual di DUST, ma ha lasciato il mondo del caos per quello della trasmigrazione. Il lavoro di Olivier Valsecchi suscita un interesse sempre crescente nel mondo della fotografia, sia nella stampa che tra i curatori.
INTERVISTA ESCLUSIVA
Cos'è lo stile Valsecchi?
Mi piace quando una foto non sembra strettamente una foto, esce dalla realtà, dai codici. Amo Ken Hermann e Jim Naughten che si occupano di reportage di belle arti. Ho sentito parlare del mio lavoro in questi termini: "È molto difficile da descrivere, devi vederlo". Mi piace perché non ho dimenticato che la fotografia è un'arte visiva, quindi deve parlare agli occhi prima che alle orecchie. Direi volentieri che unisco gli opposti: bello e bizzarro, classico e astratto, semplice e spettacolare. Faccio fotografia che si estende al disegno, alla scultura, alla pittura, alla performance. Cerco di abbracciare più forme d'arte attraverso una singola immagine. Lo stile si evolve in una carriera, secondo i desideri e i cambiamenti che avvengono in te. Altrimenti facciamo sempre la stessa cosa, giusto?
Le tue influenze artistiche (cinema, letteratura, arte...)?
Le mie influenze non si fanno sentire immediatamente nel mio lavoro. Si tratta più della familiarità con personaggi ammalianti e liberi come David Lynch, Nina Hagen, Kafka, artisti che hanno creato i propri universi e il proprio percorso. Per quanto riguarda la fotografia, citerei Jeff Bark. Un vero lavoro di luce, preciso, puntiglioso. Secondo me rivaluta la definizione di fotografia, che è scrivere con la luce.
Cosa ti ispira in questi corpi?
Non la penso così. Il corpo è un materiale da illuminare, che mi aiuterà a comporre una foto. Ovviamente mi interessa un po' di più della plastica o dell'argilla, perché giochiamo in una zona intima, ed è l'unica cosa che io e la modella abbiamo in comune fin dall'inizio: il nostro corpo. Così posso traspormi in lui, posso identificarmi. Ma non è il corpo che cerco, e nemmeno la sua emozione, quello è il ruolo della fotografia di nudo. Cerco l'emozione dell'immagine. È tutto un altro lavoro. Il corpo deve adattarsi alla mia immagine. Egli è l'oggetto e non il soggetto dell'immagine. Ciò che mi interessa è confrontarmi con la realtà e il surrealismo. Considera che ho creato attraverso le mie foto un universo parallelo, partendo da elementi della realtà. I muscoli, i nervi, la carne, sono tanti ingredienti che mi riportano a una realtà dove semino il fantastico.
- Trova la continuazione di Oliver Valsecchi inCaricatore Normale n°4 et n°7 -